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Carta d’intenti

Inserito da on Gennaio 21, 2015 – 5:23 pmNo Comment

Allego per conoscenza il testo – lievemente modificato – della bozza di “carta di intenti” (così la indicava il mandato affidato dalla riunione dei 221 del 14.12 al gruppo dei 19 incaricato di preparare l’assemblea del 17-18 gennaio) che avevo presentato in apertura della prima riunione del gruppo lo scorso 23 dicembre. Questa bozza è stata stroncata da tutti coloro che sono intervenuti con motivazioni che a mio avviso non avevano alcun riferimento al suo contenuto, incaricando poi Revelli di stenderne un’altra. Preciso che non sono interessato a che questo testo venga messo on-line sul sito de l’Altra Europa insieme al “manifesto” varato dal gruppo assemblea, o a quello Noi l’Altra Europa a firma Gattuso e altri. Non mi interessa la conta delle adesioni (che non prevedo oceaniche per nessuno dei testi proposti). Mi interessa mettere a disposizione alcuni spunti di riflessione per la discussione in assemblea che il tempo a disposizione non mi permetterà probabilmente di esporre a voce con la necessaria precisione. In particolare, dopo aver attentamente seguito il dibattito, e anche i conflitti che si sono dispiegati nelle nostre mailing list nel corso dell’ultimo mese, tengo a sottolineare tre delle ragioni per cui ritengo utile diffondere questo testo a tutti gli iscritti delle mailing list dei 221 e dei referenti territoriali in vista del dibattito della nostra assemblea:
1. In questa bozza non ricorrono mai, volutamente, le parole “soggetto”, “sinistra” e “democratici”: parole troppo vuote – o troppo piene di significati diversi, a seconda dei casi – per significare qualcosa di “chiaro e distinto”; a meno di accompagnarle, non con un aggettivo qualificativo (quelli che i WU Ming chiamano “aggettivi carabiniere”), ma con obiettivi concreti e indicazioni pratiche, cioè con la specificazione di ciò che veramente vogliamo fare e ottenere. Infatti anche Renzi si dichiara di sinistra e nessuno, o quasi, si proclama antidemocratico. Mi pare anche un esercizio vano – un’operazione da farmacisti, a cui si indulge spesso – cercare di misurare “quanto” ciascuno sia “di sinistra” o quanto “democratico”. Per questo espressioni come “soggetto unico” o “casa comune della sinistra e dei democratici” per me non vogliono dire quasi niente. E, per di più, non hanno molto appeal: è difficile convincere qualcuno a entrare a far parte di un “soggetto” o a provare entusiasmo per una “cosa” della sinistra e dei democratici. Trovo poi singolare che mentre si aggiunge l’espressione “e dei democratici” per allargare, come lo stesso Revelli ha più volte spiegato, l’area dei cittadini e delle cittadine che intendiamo coinvolgere nel nostro progetto – alcuni dei quali si professano democratici, ma non “di sinistra” – poche righe più in là si imponga al nuovo “soggetto unico” l’adesione al Partito della Sinistra Europea. Trovo anche inutile disquisire se “sinistra” e “democrazia” si includano a vicenda o quale dei due termini includa l’altro: entrambi sono confinati a un ambito politico molto generico e nessuno dei due include la dimensione sociale. Per questo nel mio testo ho usato l’espressione “coalizione sociale” – e ho poi aggiunto “e politica” – che era stata proposta da Rodotà nella nostra assemblea del 7 giugno scorso e che mi pare supplisca alla difficoltà che abbiamo oggi a parlare di “classe” e di “lotta di classe” (se non quando parliamo della lotta vincente dei ricchi contro i poveri). Perché le diverse componenti di quella che è oggi una trama di individui, gruppi e aggregati dispersi e spesso isolati potranno probabilmente riacquistare un proprio protagonismo, sia in campo sociale che politico, solo nell’ambito di una “coalizione” che ne rispetti e ne valorizzi le diversità attraverso forma innovative di partecipazione e di conflitto.
2. I sei punti programmatici elencati nel testo non volevano e non vogliono essere un elenco completo di quel che perseguiamo in ciascun campo (cosa per me impossibile ora), bensì solo la proposta delle principali aree tematiche intorno a cui sviluppare l’articolazione del nostro programma nel corso del processo che dovrebbe seguire all’assemblea del 17-18. Per questo, pur essendo consapevole della loro insufficienza, non ho incluso in questa versione corretta nessuno dei suggerimenti che sono pervenuti nel frattempo come emendamenti o integrazione dei due manifesti in circolazione, se nel punto relativo a razzismo e immigrazione, per l’evidente debolezza della formulazione iniziale. Questa parte del mio testo è stata comunque ripresa sia dal “manifesto” proposto dal gruppo assemblea sia da Noi l’Altra Europa (che sostanzialmente riproduce il primo, con alcune varianti, tra cui quella fondamentale che impegna alla presentazione di liste che facciano riferimento ai principi de l’Altra Europa alle prossime elezioni regionali: ovviamente ove se ne valutino positivamente le condizioni). Ma quei punti programmatici hanno subito diverse critiche e sono poi stati sviluppati diversamente dagli estensori dei due manifesti, aggiungendovi in alcuni casi elenchi assai dettagliati di obiettivi. A mio avviso, in documenti di indirizzo il programma non deve consistere in un elenco di punti: occorre invece individuare dei nuclei tematici intorno a cui svilupparne poi l’articolazione, sottoponendola alla prova dei fatti: cioè, prima ancora che verificarne la “realizzabilità”, occorre valutarne la “praticabilità” nei contesti in cui si opera. Si tratta in altre parole di mettere quei punti alla prova per vedere se sono efficaci nel promuovere conflitto, suscitare partecipazione, creare mobilitazione, facilitare connessioni. D’altronde un programma dovrebbe sempre essere un work-in-progress e noi oggi non abbiamo nessuna legittimità per definirne uno esaustivo e concluso. Importante, per un testo rivolto a un largo pubblico, è che sia breve, chiaro e scritto (nella misura del possibile) in un linguaggio facilmente accessibile .
3. In entrambi i “manifesti” presentati (gruppo assemblea e Noi L’Altra Europa) la parte relativa all’organizzazione è la più carente. Nel primo manca del tutto, perché anche l’adesione all’associazione proposta da Revelli nel documento del 23 ottobre scorso qui è scomparsa, senza essere sostituita nemmeno da un riferimento ai comitati territoriali esistenti. E con essa è scomparsa qualsiasi riferimento alle regole che dovrebbero reggere un’aggregazione fondata su principi democratici. Nel secondo (Noi l’Altra Europa), cioè nella carta di accreditamento che lo precede, viene sviluppata invece dettagliatamente una serie di principi e di regole, tutte condivisibili, che dovrebbero contrassegnare in senso democratico la vita interna della costituenda associazione (principi che L’Altra Europa, finora, non ha mai praticato, né intende, sembra, praticare a breve). Ma entrambi i documenti si limitano invece a una formulazione generica quando passano a indicare le forme in cui dovrebbe strutturarsi il “processo costituente” (altro termine che io non ho usato nella mia bozza, perché ciascuno lo interpreta a modo suo e così può evitare di spiegare che cosa intende veramente che si faccia) se si vuole coinvolgere anche chi non fa parte dell’Altra Europa e, per lo meno per ora, non intende farne parte. Entrambi i documenti affermano, con qualche variazione, che “ci proponiamo di lavorare per sostenere la creazione di larghe coalizioni sociali di movimenti, associazioni e forze politiche, per promuovere iniziative e campagne unitarie sui temi del lavoro, […] dei beni comuni, della accoglienza e dell’inclusione, della democrazia e della pace anche tramite strumenti specifici finalizzati a ciò, come assemblee e consulte territoriali e nazionali, impegnandoci al più ampio dialogo e alla più grande collaborazione con tutte le persone e le forze interessate e disponibili”. Questa indeterminatezza organizzativa, non controbilanciata – come invece nel documento Noi L’Altra Europa – da una carta di accreditamento molto precisa nel fissare le regole della nostra vita interna, lascia aperte le porte al dissolvimento de L’Altra Europa senza aver prima messo in chiaro con che tipo di entità si intende sostituirla. Secondo me non si può parlare di “processo costituente”, o di costruzione di una coalizione sociale e politica, senza indicare qual è la strada che ci si propone e si propone ad altri di percorrere per portare a buon fine il cammino comune. E, in una prospettiva del genere, è limitativo parlare della struttura organizzativa che vogliamo darci al nostro interno (come associazione o come comitati territoriali de L’Altra Europa), senza indicare come essa si collochi dentro un processo in cui cercheremo di coinvolgere la più ampia gamma di attori: dai partiti organizzati, ai movimenti strutturati, ai mille comitati, ai singoli cittadini e cittadine. E’ quello che ho cercato di fare indicando distintamente tre diversi ambiti, o livelli organizzativi, entro i quali questo processo dovrebbe essere incanalato – assemblee locali, consulte e gruppi di lavoro tematici – e all’interno dei quali L’Altra Europa dovrebbe continuare a operare; per lo meno fino a che le basi di qualcosa di nuovo e di più solido non siano state poste. Credo che quest’ultima sia la parte più importante – quella più “politica”, e non semplicemente organizzativa – della mia bozza. In particolare credo che nel prospettare come tappa importante del processo a cui andiamo incontro le elezioni – sia nazionali che regionali; e su questo forse non c’è accordo – non si possa assolutamente prescindere da quelli che sono i principi ispiratori della lista L’Altra Europa con Tsipras. Principi che non sono solo la dimensione europea del progetto (a qualsiasi livello si operi), l’inclusione, la conversione ecologica e la lotta contro l’austerità (e il debito), ma anche, e innanzitutto, il carattere non partitico della lista, sanzionato dal fatto di non candidare figure di apparati. Questo, credo, è uno dei punti che, pur con diverse smagliature, ha convinto e coinvolto maggiormente il nostro elettorato e che l’ulteriore evoluzione degli avvenimenti, con la crescita verticale dell’astensione, non fa che rendere ancora più stringente.

LA BOZZA
1.
L’Altra Europa con Tsipras si adopera perché le lotte, i conflitti e le mobilitazioni degli ultimi mesi si diano un programma comune, un’organizzazione unitaria e una prospettiva duratura. Con la sua ispirazione egualitaria, a partire dal superamento di ogni discriminazione di genere, democratica, ecologista ed estranea ai giochi di potere dei partiti, che ha permesso di eleggere tre rappresentanti nel Parlamento europeo, L’Altra Europa lavora a costruire una coalizione sociale e politica di comitati, associazioni, organizzazioni politiche, rappresentanze del lavoro, cittadine e cittadini che partecipi a una lotta comune per cambiare l’Europa e per sottrarla al controllo che la finanza mondiale esercita sulle sue politiche. Lo fa insieme a Syriza, Podemos, Sinn Fein e altre formazioni del gruppo parlamentare europeo GUE, alcune delle quali hanno già percorso il tratto di strada che le ha portate a essere maggioranza nei loro paesi. In Grecia presto si voterà per mandare al governo Syriza e il suo leader Alexis Tsipras; il loro programma aprirà con gli organi dell’Unione Europea un confronto duro e difficile. L’Altra Europa si ritiene parte in causa di questo confronto perché gli obiettivi di Syriza sono anche i suoi. Oggi sosteniamo e promuoviamo la più ampia opposizione al governo Renzi e alle forze che gestiscono l’Unione Europa, ma il nostro obiettivo è costruire in Italia e in Europa una forza di governo con un programma radicalmente alternativo. Questi i punti principali:
2.
– Spezzare le catene del debito pubblico con cui la finanza speculativa che ormai controlla l’economia del mondo intero tiene sotto ricatto i governi, si appropria, con gli interessi, di una quota crescente delle entrate fiscali, privatizza a suo vantaggio, per fare profitto, sanità, scuola, pensioni, servizi pubblici e beni comuni;
– Porre fine alle politiche di austerità con un piano europeo di investimenti pubblici per creare occupazione, sostenere i redditi di chi lavora o cerca lavoro, risanare l’ambiente, avviare la conversione ecologica dei consumi e del sistema produttivo per contribuire a sventare cambiamenti del clima irreversibili, che possono rendere tra breve invivibile tutta la Terra. Per questo occorre promuovere sia piani generali che interventi mirati e diffusi in tutti i campi: energia, agricoltura, gestione delle risorse, rifiuti, trasporti, edilizia, territorio, sanità, istruzione, ricerca e cultura;
– Promuovere – ripartendo oneri e benefici tra tutti i paesi membri dell’UE – l’accoglienza e l’inclusione di chi arriva in Europa per sfuggire alla miseria o a guerre di cui anche i nostri governi sono complici. Approntare canali di ingresso legale per chi lascia il territorio di nascita, cittadinanza o residenza; abrogare prassi e norme che limitano la libertà di movimento delle persone. Istituire lo ius soli e abolire i centri d’internamento per migranti e rifugiati. Combattere il razzismo che molte forze politiche e di governo, sia di destra che di sinistra, alimentano e sfruttano in tutta l’Europa per aizzare contro un bersaglio di comodo le vittime delle loro devastanti politiche economiche;
– Promuovere l’eguaglianza tassando i grandi patrimoni e i grandi redditi, impedendo eccessive accumulazioni di ricchezza e potere, istituendo un reddito di cittadinanza universale che permetta anche a chi è senza lavoro di condurre una vita dignitosa, distribuendo il lavoro che è necessario con una riduzione generalizzata degli orari, garantendo l’accesso ai servizi essenziali anche a chi è stato respinto ai margini della società;
– Sostenere la democrazia in campo politico ed economico: difendere e dare attuazione ai diritti sanciti dalla Costituzione e imporre una trasparenza totale a progetti, bilanci, accordi, e trattative pubbliche e private. E’ questa una condizione irrinunciabile per coinvolgere tutta la cittadinanza attiva nella lotta contro la corruzione, le mafie e il malaffare; per difendere la sovranità popolare dalle aggressioni delle multinazionali; e per realizzare, a fianco di quella rappresentativa, una democrazia partecipativa: non solo nelle istituzioni ma anche sui luoghi di lavoro;
– Promuovere un pensiero fondato sul rispetto e la valorizzazione della natura, del vivente, di tutte le differenze di genere, di provenienza, di generazione e di cultura; e sulla solidarietà, come antidoto alla competizione di tutti contro tutti imposta dal “pensiero unico” dominante; una cultura che metta al primo posto le persone e che contrasti il ricorso alla violenza, la corsa agli armamenti e la guerra.
Sono punti che inquadrano un programma di opposizione oggi e di governo domani: per un’altra Italia e per un’altra Europa. Delineano obiettivi in gran parte condivisi da molti movimenti in tutto il mondo e radicalmente opposti, nell’ispirazione e negli effetti, a tutte le misure varate dalle “grandi intese” che comandano in Europa, dal governo Renzi che ne rappresenta l’applicazione in Italia e dal PD che lo sostiene. Per questo L’Altra Europa esclude, a qualsiasi livello, un’alleanza con il PD, per lo meno fino a che i rapporti di forza nella società e negli organi rappresentativi non si siano invertiti.
3.
Ma gli obiettivi generali non bastano: occorre, in ogni azienda, ente, scuola, città, quartiere, territorio, tradurli in piattaforme specifiche, in azioni di lotta, in organizzazione, insieme a tutte le forze che si battono per le stesse finalità. L’Altra Europa si fa parte attiva di questo percorso proponendo e promuovendo tre distinti ambiti organizzativi: tre strumenti per la creazione di uno spazio pubblico aperto alle più diverse forme di condivisione.
– Assemblee di quartiere, di paese, di azienda, di distretto, aperte a tutti, dove affrontare i problemi specifici di ogni lotta e di ogni iniziativa;
– Una “consulta” in ogni territorio e a livello nazionale, a cui partecipino tutte le organizzazioni, purché democratiche, antifasciste e antirazziste. In questa sede potranno venir promosse o concordate – tra tutti o solo con alcuni – progetti, campagne e iniziative di lotta comuni. E’ in questo ambito che possono essere messe a punto fin da ora, tra chi ne condivide l’opportunità e sulla base del lavoro compiuto insieme, liste elettorali unitarie a livello comunale e regionale anche in vista della costruzione di una lista nazionale che condivida gli orientamenti di fondo qui esposti e i principi ispiratori della lista L’Altra Europa con Tsipras;
– Gruppi di lavoro tematici – locali e/o nazionali – per analizzare specifici campi o sviluppare una cultura critica su di essi, in cui coinvolgere anche le personalità e gli studiosi impegnati nel sostegno dei movimenti; ma soprattutto per promuovere, come Syriza in Grecia, iniziative pratiche per promuovere nuove forme di mutualità, rimediare alle carenze dei servizi pubblici e fronteggiare le sofferenze di chi è rimasto senza reddito, senza casa, senza assistenza sanitaria, senza accesso all’istruzione.
Lavorare insieme in questi tre ambiti è la sostanza del processo di aggregazione di una coalizione sociale a cui tutte le organizzazioni interessate a una svolta politica radicale possano concorrere su un piede di parità. In questi ambiti L’Altra Europa si impegna a operare, organizzata in comitati territoriali e tematici costituiti da tutti coloro che sottoscrivono questa carta di intenti e a cui possono aderire anche persone affiliate ad altre organizzazioni, ma mai come rappresentanti delle stesse (nel qual caso le sedi appropriate sono le consulte). I comitati si finanzieranno con quote proporzionali alle possibilità di ciascuno; eleggeranno democraticamente i propri portavoce, tutti volontari non retribuiti e a rotazione; si coordineranno a livello cittadino, regionale e nazionale sia con riunioni periodiche che mediante sistemi telematici di proposta, confronto e votazione; attiveranno strumenti di comunicazione per far conoscere al pubblico le proprie iniziative e prese di posizione. L’Altra Europa è pronta a dar vita o a confluire in un organismo più ampio con altre organizzazioni politiche che siano disposte a rinunciare alla propria separatezza e a sottoporre a una verifica democratica il proprio personale e le ragioni e le forme della propria presenza nelle istituzioni, per mettere a punto un programma comune compatibile con i principi contenuti in questo documento e nell’appello iniziale da cui è nata la lista L’Altra Europa.