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“Sbagliato partire dall’articolo 18 per rilanciare l’Italia, cinque i settori su cui puntare” (tratta da “tiscali.it”)

Inserito da on Dicembre 22, 2011 – 4:52 pmUn commento
di Michael Pontrelli
Sulla difesa dell’articolo 18 “la Camusso ha ragione”. Ridurre i diritti dei lavoratori in nome della crescita” è una bugia” perché “per almeno un decennio l’Italia è destinata a non crescere”. Per affrontare la nuova fase di stagnazione “bisogna riconvertire l’economia “ puntando sui nuovi settori della green economy. Guido Viale, economista e membro del Comitato tecnico-scientifico dell’Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente, ribalta i termini della discussione economica in corso e propone per il nostro Paese un modello di sviluppo che nella sola Germania “ha già creato oltre 300.000 mila posti di lavoro”.
Nelle ultime ore al centro del dibattito politico economico è la riforma del mercato del lavoro. La Camusso ha ragione quando afferma che “la difesa dell’articolo 18 è un fatto di civiltà”? 
“Assolutamente sì, senza se e senza ma”.La tesi di molti economisti è però che senza una riforma del mercato del lavoro che aumenti la flessibilità in uscita l’Italia non potrà rilanciare la crescita. 
“Queste tesi sono semplicemente false. Tutti gli economisti sanno e in privato ammettono che per almeno un decennio non c’è alcuna possibilità di crescita sostanziosa per il nostro Paese. Ci potrà essere qualche variazione ma che non supererà lo 0,1%. Il motivo è molto semplice: il nostro attuale modello produttivo, sui cui erroneamente si vuole continuare a puntare, è basato sulle esportazioni ma nei prossimi anni l’Europa attraverserà una fase di stagnazione e anche i paesi emergenti come Cina, India e Brasile registreranno un sostanziale ripiegamento dei tassi di sviluppo”
Cosa fare allora per affrontare la crisi economica che sta colpendo duramente i cittadini italiani? 
“Bisogna riorganizzare il sistema economico per affrontare questa prospettiva di stagnazione puntando non sulle vecchie logiche di crescita ma su una conversione produttiva attraverso la promozione di produzioni che hanno prospettive occupazionali”.
Cosa intende concretamente? 
“Intendo l’intervento in 5 settori fondamentali: (1) le energie rinnovabili e l’efficienza energetica (2) agricoltura sostenibile e a chilometri zero che vuol dire di prossimità (3) riassetto idrogeologico del territorio anziché grandi opere (4) riutilizzo degli edifici abbandonati o delle case sfitte attraverso processi di ristrutturazione invece di nuove edificazioni destinate a rimanere in gran parte vuote (5) gestione delle risorse che oggi chiamiamo rifiuti dimenticando che questi prima di essere scarti sono opportunità perché i residui della produzione e del consumo sono le miniere del domani quando le risorse si faranno sempre più scarse”.
Gli interventi per sviluppare questi 5 settori dovranno essere privati o pubblici? 
“In parte pubblici e in parte privati. La cosa fondamentale è che ci sia una programmazione cioè che le priorità vengano chiaramente definite e che il finanziamento pubblico all’impresa o all’economia, i cosiddetti stanziamenti per la crescita, vengano indirizzati verso questi settori e sottratti a settori che non hanno prospettive occupazionali. Aggiungo inoltre la necessità di un rilancio dei piani di formazione perché il settore che negli ultimi anni più ha risentito della stretta pubblica è l’istruzione e la formazione professionale”.
Nel settore delle energie rinnovabili sono stati già fatti interventi pubblici importanti ma con risultati discutibili, come mai?
“L’intervento a favore delle energie rinnovabili in Italia è stato fatto in funzione della speculazione e non della promozione della green economy. Faccio due esempi: (1) Nel fotovoltaico l’Italia pur essendo arrivata al quarto conto energia è il Paese che offre gli incentivi più alti, questi incentivi però invece di essere rivolti alla diffusione della produzione nelle aziende e nelle abitazioni per renderle energeticamente autonome sono stati utilizzati da grandi imprese che hanno espiantato coltivazioni agricole per installare distese di pannelli solari la cui produzione viene immessa direttamente in rete senza che ci sia un utilizzatore diretto dell’energia prodotta. Questo meccanismo ha fatto si che a investire in questi impianti, a causa dei forti incentivi esistenti, siano stati molto spesso investitori stranieri e fondi speculativi. (2) Lo stesso vale per l’energia eolica con l’aggravante che grazie agli incentivi offerti, alla mancanza di pianificazione e controlli si è aperta la strada all’intervento della malavita organizzata e della mafia. Di queste energia avrebbero potuto invece usufruirne i comuni che ospitano che le pale eoliche essendo contemporaneamente beneficiari sia dell’energia che degli incentivi. In conclusione, c’è stato un enorme spreco di risorse, fatto a spese della bolletta elettrica pagata da tutti gli italiani, per costruire un sistema che non ha niente a che fare con la logica delle energie rinnovabili che è basata sul decentramento, la differenziazione e la diffusione sul territorio della produzione in maniera capillare”.

 

Quali Paesi europei stanno già realizzando il modello di sviluppo da lei proposto? 
“Sicuramente in testa c’è la Germania sia in termini di investimento che di programmazione. In particolare, da parte di numerose amministrazioni locali ci sono state iniziative esemplari che puntano alla completa autosufficienza energetica attraverso il ricorso alle rinnovabili. Stiamo parlando di un Paese che ha potenzialità infinitamente più ridotte dell’Italia. Dal punto di vista occupazione la Germania ha dimostrato di essere riuscita a creare più di 300.000 posti di lavoro nell’industria produttrice di questi impianti. In Italia invece gli incentivi sono andati oltre che ad alimentare le mafie e gli investitori esteri anche l’importazione di impiantistica dall’estero perché non è stata incentivata e promossa adeguatamente la produzione locale. E’ un grandissimo errore perché il nostra Paese ha un enorme know how meccanico e tecnologico. Molte fabbriche metalmeccaniche chiuse o in crisi potrebbero essere perfettamente riconvertite alla produzione delle nuove tecnologie delle green economy ovviamente con il necessario sostegno pubblico”.

 

E’ stato un errore di politica economica
“No, non c’è stata per niente politica economica perché il liberismo, prima di Berlusconi-Tremonti e adesso di Monti, rifiuta perfino il concetto Si pensa che bastino gli incentivi per mettere in moto il mercato senza preoccuparsi di indirizzare e regolamentare gli interventi”.

Che Europa vede fra 10 anni?
“Non ho una idea precisa. Posso parlare  dell’Europa per cui lavoro insieme alle persone con cui sono a contatto ed è una Europa più democratica dove al Parlamento e al governo europei si affianchi una partecipazione a livello comunale e decentrato in cui l’associazionismo possa avere una voce in capitolo ed essere ascoltato. Una Europa che sia interculturale e accetti, come oggi non fa, la presenza di immigrati dagli altri Paesi capendo che questa è una potenzialità economica straordinaria perché è un elemento di possibile legame con i Paesi di provenienza degli immigrati che non riguarda solo il diritto e la cultura ma anche gli aspetti economici”.

20 dicembre 2011
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