Torrealta [Left – 26.ottobre.2013]
Trent’anni fa i rifiuti erano un argomento tabù: facevano – come fanno tuttora – schifo; nessuno voleva parlarne. Se ne occupavano organizzazioni specializzate e personale ad hoc: allora si chiamavano spazzini; in seguito, netturbini; oggi operatori ecologici; ma erano considerati – in parte lo sono ancora – una categoria di lavoratori tra la più dequalificata: “studia se no ti toccherà fare lo spazzino”, dicevano i genitori di un tempo.
Da allora la cultura dei rifiuti ha fatto parecchia strada: la raccolta differenziata è diventata legge di Stato e ha mobilitato, bene o male, le aziende di igiene urbana; il riciclo ha creato forti organizzazioni consortili e fatto emergere, ma anche promosso, imprese che attraverso il trattamento e la re-immissione nel ciclo produttivo dei nostri rifiuti creano occupazione e ricchezza. Certo, molta strada deve ancora essere percorsa verso l’obiettivo finale “rifiuti zero”: chiamiamola pure utopia; ma utopia concreta e realizzabile.
Adesso è arrivato il turno della prevenzione, che nel campo della gestione dei rifiuti ha quattro pilastri: una vita e un consumo più sobri (evitare acquisti quando non si è sicuri di averne bisogno); la riduzione degli imballaggi, che si realizza soprattutto con la vendita di prodotti sfusi e alla spina, oggi erogabili da apparecchiature che ne garantiscono igiene e quantità; l’introduzione dell’ecodesign: un sistema di progettazione che agevola il recupero del bene o dei suoi componenti a fine vita; il riuso.
Non si tratta, in quest’ultimo caso, di cose nuove: il riuso, come il riciclo, è vecchio come il mondo. Occorre far emergere alla luce del sole, potenziandole e diffondendole, strutture operative efficienti dando dignità economica a un’attività e a un mercato già oggi fiorenti. Nel riuso il flusso degli scarti presenta complessità maggiori che nella produzione del nuovo e persino nel riciclo dei rifiuti; perché i beni durevoli scartati sono costituiti da migliaia di articoli differenti; sono generati da milioni di famile diverse; e per essere avviati al riuso devono essere incanalati verso una gamma molto ampia di destinazioni diverse.
Qui sta il ruolo indispensabile dell’intermediazione, che è al tempo stesso un ruolo economico – valorizza ciò che per definizione “non vale nulla” – ma è anche il risultato della professionalità di operatori che sanno orientarsi in questo oceano di scarti, riuscendo a valutare tecnicamente lo stato di integrità o di riparabilità di migliaia di beni differenti, prodotti da aziende ignote e marche differenti, in periodi differenti; e dare un prezzo e individuare le condizioni per l’acquisto e la rivendita.