Home » in evidenza

Dal comizio tenuto a Bari con i candidati pugliesi della lista L’altra Europa e Nichi Vendola

Inserito da on Maggio 16, 2014 – 6:51 pmNo Comment

Care compagne e cari compagni,
Care amiche e cari amici,

Siamo qui per chiedervi il voto alla lista L’Altra Europa con Tsipras, e soprattutto per chiedervi di chiederlo a tutti coloro con cui siete in rapporto: in famiglia, tra amici, sul lavoro, nel tempo libero, nei vostri incontri casuali. Voglio spiegarvi innanzitutto che cosa c’è scritto nel simbolo che vi invitiamo a votare, perché lì stanno le ragioni del voto che vi chiediamo.

L’altra Europa vuol dire che noi vogliamo un’Europa diversa, democratica, federalista, ecologica, inclusiva, solidale e non questa Europa, che rischia di sfasciarsi e di sfasciarci perché ci opprime con politiche di austerità che stanno portando i suoi paesi membri e i suoi cittadini, uno dietro l’altro, alla povertà, alla disoccupazione, alla disperazione.

Ma meno che mai pensiamo che la soluzione stia nell’uscire prima dall’euro e poi dall’Europa, perché in un mondo ferocemente globalizzato non c’è più posto per il nazionalismo commerciale e meno che mai per il nazionalismo politico, che è la radice del razzismo e della guerra: proprio ciò che intendeva sventare per sempre il progetto di un’Europa unita e federale, concepito settant’anni fa nel carcere di Ventotene da Altiero Spinelli, padre della nostra capolista in questa circoscrizione. Vogliamo più Europa e non meno Europa.

Per noi un’altra Europa vuol dire NO all’austerity, NO al debito che strangola le nostre economie, SI’ a un reddito decente per tutti, SI’ alla tutela dell’ambiente e della salute, SI’ a un’occupazione finalizzata a salvaguardare ambiente, convivenza e giustizia.

La seconda parte del nostro simbolo, Con Tsipras, vuol dire stare con Syriza, il partito greco nato dall’aggregazione di ben tredici organismi e partiti della sinistra, più litigiosi ancora di quanto lo siamo, o lo siamo stati, noi; ma un’organizzazione che sotto la guida di Alexis Tsipras ha saputo promuovere un processo unitario che in pochi anni lo ha portato a essere il primo partito del paese, e alle prossime elezioni nazionali, il partito incaricato di formare il nuovo governo greco.

Da questo itinerario possiamo imparare una cosa fondamentale: SI PUO’ FARE. Anche noi possiamo imboccare la stessa strada e arrivare allo stesso risultato, invece di continuare a viverci e pensarci rinchiusi nel ghetto di una sinistra eternamente minoritaria.

Su questa strada si è posta la nostra lista. La sua costituzione è un primo importante passo in quella direzione. Chi avrebbe mai immaginato, anche solo quattro mesi fa, che due organizzazioni lontane e spesso contrapposte come SEL e PRC si mettessero insieme grazie alla spinta e al richiamo delle migliaia di compagne e di compagni che hanno messo al primo posto l’unità della sinistra, di tutte le forze della sinistra?

So bene che alcuni di voi in un primo tempo erano contrari a questa soluzione. Ma poi ha prevalso in tutti una spinta di base unitaria e noi siamo ben lieti di aver accolto anche SEL in questa aggregazione dichiaratamente apartitica.

Molto resta ancora da fare. Per esempio, qui a Bari, come in regioni come il Piemonte e l’Abruzzo e in molti altri comuni, abbiamo ancora liste di sinistra diverse e contrapposte. Ma non si può avere tutto subito. L’importante è proseguire sulla strada dell’unità.

Ma come ha fatto Syriza a raggiungere quel risultato straordinario?

Innanzitutto con una ferma opposizione al memorandum della Troika, che è l’equivalente per la Grecia della lettera di Draghi e Trichet che ha ispirato tutti gli ultimi governi italiani.

A questo serve l’autonomia. Anche il Pasok, che è l’equivalente greco del nostro PD, sosteneva di opporsi. Il suo leader, Papandreu, aveva persino indetto un referendum, sicuro che il popolo greco avrebbe respinto quel memorandum. Però ha scelto di piegarsi alla Troika, e sappiamo com’è finita: il Pasok è quasi scomparso e la stessa sorte potrebbe capitare tra non molto tempo anche al PD; che oggi viaggia sulla cresta dell’onda grazie a un mare di promesse, irrealizzabili nel contesto delle politiche di austerity che critica ma non combatte; ma soprattutto legittimandosi agli occhi delle autorità europee con una serie di attacchi frontali alle condizioni dei lavoratori e alla democrazia.

Come la precarizzazione totale del lavoro e la privatizzazione, cioè la svendita, dei beni comuni, dei servizi pubblici locali, di quel che resta dell’industria di Stato. E con riforme della Costituzione e della legge elettorale concordate con il nostro nemico di sempre, e finalizzate a escludere dal Parlamento l’opposizione sociale che noi vogliamo rappresentare.

Oggi Syriza non è solo la forza maggioritaria in Grecia, ma anche il punto di riferimento di quello schieramento di forze europee che condividono con noi la candidatura di Alexis Tsipras e che grazie alla loro autonomia potranno anche ridisegnare i confini tra i raggruppamenti del Parlamento europeo.

Perché condividiamo con molte forze di altri raggruppamenti l’obiettivo di bloccare la riproposizione a livello europeo di quelle politiche di Grosse Koalition o di larghe o strette intese che ci stanno portando al disastro.

Cambiare si può, perché viviamo in un periodo di profonde trasformazioni che possono portarci a una catastrofe per il pianeta, per la democrazia e per i lavoratori o per chi vorrebbe lavorare; oppure possono sfociare in una riforma radicale degli assetti economici e istituzionali della società, a partire proprio da un’altra Europa.

L’altro elemento che ha dato forza a Syriza è l’impegno a sostenere, promuovere e non abbandonare mai le lotte sociali contro l’austerity, contro le privatizzazioni, contro i licenziamenti, contro il taglio delle pensioni, contro la distruzione del territorio; ma anche le tante iniziative di cittadinanza e del volontariato che si sono sviluppate in questo periodo: ambulatori promossi dal volontariato, farmacie autogestite, mercatini, scuole alternative, e tante altre cose simili.

Syriza ci insegna che con le lotte dei lavoratori e dei cittadini che difendono le loro condizioni di vita e la loro stessa vita si deve sempre stare: anche quando non se ne condividono pienamente le forme o gli obiettivi. Perché solo stando con loro è possibile, eventualmente, contribuire a riorientarle in una direzione più efficace.

Qui in Italia di lotte e di iniziative di cittadinanza ne abbiamo tantissime. E ne abbiamo tante anche in qui in Puglia. Ma tra tutte spicca la ribellione dei lavoratori dell’Ilva e dei cittadini di Taranto contro un sistema che ha messo a repentaglio vite e salute, ma anche il posto di lavoro di migliaia e migliaia di loro; a dimostrazione del fatto che ambiente e occupazione non sono obiettivi contrapposti, ma insieme marciano o insieme cadono.

Questa loro ribellione non ha però trovato un sostegno adeguato. Avrebbe potuto e dovuto diventare un riferimento per tutti i movimenti, come le bandiere NoTav lo sono da tempo per tutte le manifestazioni che si svolgono in Italia.

Invece non solo è stata lasciata a se stessa, e alle proprie contraddizioni e abbiamo assistito, nei suoi confronti, anche a comportamenti inaccettabili che non possono avere cittadinanza nella nostra casa comune. Per questo dobbiamo riprendere il filo di un rapporto con le lotte dell’Ilva e dei cittadini di Taranto facendo tutti, come dice Tsipras: “Un passo indietro per farne molti in avanti, insieme”. E’ una cosa che ci riguarda tutti.

Solo così questa nuova ritrovata unità potrà riportarci tutti, umilmente, a imparare dalle lotte degli operai, dei precari, dei disoccupati, degli studenti, e dalle battaglie dei cittadini che difendono il loro diritto al lavoro, alla salute e alla vita.

Concludo ringraziando quanti si sono impegnati e si stanno impegnando in questa nostra battaglia comune, dalla raccolta delle firme alla proposta delle candidature, dalla campagna elettorale vera e propria al nostro impegno unitario che continuerà rafforzato, al di là del 25 maggio. Perché il lavoro che abbiamo ancora da fare, sulle orme di Syriza e di Tsipras, è ancora lungo. Grazie

Grazie.