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“Una conversione ambientale per battere banche e finanza” (da “Liberazione” del 5 gennaio 2012)

Inserito da on Gennaio 20, 2012 – 11:25 amNo Comment

di Vittorio Bonanni

Oltre a non condividere ovviamente le ricette che l’Europa sta adottando per uscire dalla crisi di fatto assecondando chi la crisi l’ha provocata, Guido Viale va oltre nelle sue considerazioni. Fino a paventare una rivoluzione ecologica che porti a riformulare completamente la politica. Con lui abbiamo fatto il punto della situazione partendo comunque dalla strada intrapresa dalla Grecia da un lato e da Monti in Italia dall’altro per pagare il debito.

Stefano Fassina, responsabile economico del Pd, ha detto oggi (ieri per chi legge ndr) che in questa fase stanno trionfando delle “idee fallite”. Sulle quali però in molti insistono e scommettono…
Su questo punto Fassina ed io concordiamo pienamente. Il problema è che dietro questo magazzino di idee fallite che è il liberismo si nascondono invece degli interessi molto corposi a cui il governo Monti è di fatto subordinato. E insisto nel dire che non è subordinato soltanto per una coincidenza di interessi, determinata dalla presenza di banchieri nel proprio governo o perché molto condizionato ancora da maggioranze precedenti che lo sostengono. Ma perché totalmente sottomesso al dogma della mancanza di alternative e dal fatto che non ci sono altre possibilità che accettare misure dettate da processi economici governati dalla finanza internazionale.

Detto questo uno si aspetterebbe, anche da governi di destra, un minimo di pragmatismo anche perché ad un certo punto i nodi verranno al pettine. Non ci sarà crescità né equità e si dovrà ricorrere, volenti o nolenti, a qualche elemento keynesiano per risalire la china…
Credo invece che non ci sia più spazio per le mezze misure. Parliamo di introdurre un minimo di meccanismo keynesiano. Ma io non credo che utilizzare anche al massimo quelle ricette sia di per sé sufficiente a rimettere in moto l’economia perché il sistema economico è radicalmente cambiato rispetto a settanta od ottanta anni fa. E quindi non basta sostenere la domanda o fare grandi opere per aumentare l’offerta perché l’economia appunto si rimetta in moto.

Occorrono insomma scelte nuove e radicali…
Sì, e sono quelle che io ho sintetizzato nella formula della conversione ecologica. In particolare nei confronti della situazione immediata bisogna avere il coraggio di prendere di petto il problema del debito. Che nelle dimensioni attuali è assolutamente insostenibile per qualsiasi governo e per qualsiasi politica ma che va affrontato assumendo a livello nazionale ed europeo posizioni diametralmente diverse a quelle che caratterizzano tutto il pensiero mainstream non solo economico ma anche politico.

Di fronte a tutto ciò appare con forza l’inadeguatezza della sinistra italiana ed europea…
Tutti hanno accettato il mercato così come lo presenta appunto l’economia mainstream senza rendersi conto dei problemi e senza aver avuto la capacità di elaborare delle alternative. C’è stato insomma un impigrimento mentale spaventoso nel corso degli ultimi trent’anni che ha coinvolto ovviamente tutte le sinistre europee e mondiali ed è all’origine della crisi in cui tutti quanti versano. La ragione di fondo è che il contesto economico è radicalmente cambiato, siamo arrivati a fare i conti con i limiti di capacità di carico del nostro pianeta e che quindi ogni possibilità di valorizzare le risorse umane, tecnologiche, infrastrutturali e tecniche che abbiamo a disposizione può essere attuato soltanto in un processo che sia compatibile con il contesto ambientale. E questo richiede un cambio di prospettiva che non c’è, nemmeno nella sinistra radicale, nemmeno in me. Si tratta di un lavoro ancora tutto in larga parte da elaborare anche se molti elementi su cui costruire questo processo mentale ci sono ma richiedono ovviamente uno sforzo collettivo che non è nelle facoltà di una singola persona né di una singola organizzazione.

Tanto per cominciare dovrebbe essere inserito, quando si valuta lo Stato del mondo, un parametro di carattere ambientale, tuttora completamente assente…
Oggi dire giustizia ed equità vuole dire giustizia ed equità ambientale. Non c’è assolutamente nessuna possibilità di dare ascolto e di rispettare i diritti di tutti se non nell’ambito di un processo che rispetti in primo luogo l’ambiente. Se non lo si fa chi ne trae vantaggio lo fa sicuramente a discapito di qualcun altro e in genere della maggioranza della popolazione mondiale, ma anche ovviamente in ambiti più ristretti. Equità e rispetto dell’ambiente sono ormai due processi indissolubili. Non si può parlare dell’uno dimenticando l’altro. Non è un caso che Monti, pur accreditandogli le migliori intenzioni in termini di equità, non ha mai citato l’ambiente nei suoi discorsi e non è assolutamente in grado di parlarne.

Nel futuro possiamo ancora assegnare, nel contesto appena descritto, un ruolo alle sinistre siano esse moderate o antagoniste?
Detto francamente non credo che la distinzione tra destra e sinistra abbia più significato. È chiaro che gli interlocutori del mio discorso e di tutte le iniziative che si possono intraprendere si trovano oggi in gran parte all’interno della sinistra. Ma credo che proprio il fatto che si rifacciano alla sinistra sia un handicap. Perché tracciano dei confini assolutamente privi di un reale significato nei confronti di molte altre realtà e soggettività che potrebbero essere recuperate.

Insomma serve una rifondazione totale della politica?
Direi proprio di sì. Sono processi molecolari, che non richiedono dei proclami o dei convegni, e che devono porre l’accento su ciò che veramente conta e non su qualcosa che invece appartiene al nostro pur degnissimo passato.

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