I sicari dell’Unione
Ma perché, mentre tutti gli Stati del mondo, dagli Stati Uniti all’Australia, da Israele ai paesi membri dell’Unione Europea, dalla Birmania al Bangladesh, fanno di tutto per respingere dal proprio territorio profughi e migranti, la Libia fa invece di tutto per riprenderseli? Fino al punto di aver istituito in mare una propria zona Sar (ricerca e salvataggio) fasulla e a minacciare quelli che salvano naufraghi che nessuno soccorre per costringerli a riportarli nei porti da dove erano fuggiti?
Intanto, non si tratta della Libia, ma di alcune milizie, cioè bande armate di predoni che controllano solo una parte del suo territorio e che si nascondono dietro al Governo fantoccio di Serraj. Che è sì riconosciuto dall’Onu, ma quelle bande non le controlla e ne è anzi controllato. Bande con le quali Minniti prima e Salvini poi hanno stretto degli accordi di cui si ignora il contenuto, ma che la Commissione europea ha in qualche modo ratificato, finanziandole attraverso il Governo Serraj. Ma la risposta vera è che per quel servizio quelle bande vengono pagate tre volte.
Innanzitutto, perché a gestire le partenze dei migranti che affrontano la via del mare sono, nella veste di “scafisti” – ma “scafisti” che non salgono mai sugli scafi, perché li fanno guidare da un profugo, per lo più digiuno di navigazione – le stesse bande che poi ne gestiscono la cattura e il rientro con le divise della Guardia costiera libica.
In secondo luogo, perché a finanziare le Guardie costiere libiche – sono più di una; almeno tre – a pagare le loro divise, le loro imbarcazioni, i loro stipendi, il carburante, sono l’Unione Europea e l’Italia: sia con fondi dell’Unione che con poste, sia ufficiali che segrete, del bilancio italiano.
In terzo luogo, perché una volta riportate in Libia, le persone “salvate” vengono ammucchiate e rinchiuse in orrendi stanzoni, dove riprendono regolarmente le pratiche a cui erano sottoposte prima di imbarcarsi: stupro, se giovani donne; fame, sete, malattie, per tutti; ma soprattutto torture per estorcere – per la seconda volta – ai loro parenti rimasti a casa o già insediati in Europa altro denaro. Per poi imbarcare quelli che sopravvivono una seconda o una terza volta, facendosi pagare di nuovo.
Ma c’è un perché a tutto. La Libia, ovvero la parte della Libia affidata al governo Serraj, che è la Tripolitania, è di fatto, dopo il rovesciamento e l’assassinio di Gheddafi, una dépendance dell’Unione Europea. Che, oltre che succhiarne tutto il petrolio e il gas che può (ma questo lo fa anche nelle altre parti del paese, quelle sotto il controllo del generale Haftar: Cirenaica e Fezzan) la usa come campo di concentramento – in realtà di sterminio – dove rinchiudere i fuggiaschi dall’Africa e da altri paesi per evitare di doverli accogliere; dopo averne però saccheggiato, devastato e compromesso con i cambiamenti climatici i territori, costringendo una parte crescente delle loro popolazioni a cercare altrove il modo di sopravvivere. Tutta la politica migratoria dell’Unione Europea è orientata a questo esito: che le destre, al governo di alcuni paesi membri e all’opposizione in altri, rivendicano apertamente; mentre i partiti di centro o di sinistra, ancora al governo della Commissione e di molti altri Stati membri, non fanno che adeguarsi.
In tutto questo Salvini non è che un balocco nelle loro mani. Apparentemente strepita contro l’Unione che non condivide l’onere dei rifugiati a cui l’Italia è sottoposta in quanto principale paese di approdo. Ma né Lega né Cinquestelle hanno mai proposto una politica europea comune; e nel Parlamento europeo la Lega ha votato contro la prima parziale revisione del regolamento di Dublino: quello che impone ai paesi di prima accoglienza di profughi e richiedenti asilo di farsi carico della loro gestione. A Salvini, ma anche al suo socio di governo, le cose vanno bene così: avere sul territorio nazionale tanti migranti irregolari, denominati “clandestini”, alimenta l’allarme di una popolazione e di un elettorato esposti alla presenza di persone forzatamente allo sbando, spacciata per un’invasione che l’Europa non vuole fermare. E in effetti, anche all’Unione le cose vanno bene così; per lo meno fino a che Salvini si assumerà in prima persona il “merito” dei respingimenti; e anche delle morti in mare provocate dalla guerra alle Ong e dalla chiusura dei porti. Scelte poi adottate da tutti gli altri Stati rivieraschi dell’Unione.
Salvini si vanta perché con i porti chiusi sono diminuiti gli sbarchi. Ma sono annegate molte più persone: le navi delle Ong non possono più vedere quello che succede, le flotte delle missioni Euronavfor e Frontex si sono ritirate lontano dalle coste libiche; non si saprà mai quante persone sono naufragate perché nessuno le può più nemmeno contare. Ma poi, che ne è di coloro rimasti in Libia perché non riescono a partire, o perché vi vengono riportati? Lo si sa benissimo: lo hanno detto l’Onu, l’Unhcr (la sua agenzia per i profughi), l’Oim (la sua agenzia per i migranti) e molti cronisti: in Libia si perpetra per conto dell’Unione Europea lo sterminio di decine di migliaia di migranti che nessuno vuole accogliere. Ad assumersi onori e oneri di questa politica è il governo italiano, i sicari dell’Unione. Ma i rapporti di forza tra Nord e Sud del mondo si stanno invertendo: essersi messi nelle mani della Turchia di Erdogan per respingere i migranti non ha insegnato niente. Adesso la governance europea, e l’Italia, sono in mano a tre bande di predoni li