Olimpiadi ed emergenza climatica
C’era da rimaner basiti di fronte alle fotografie di una troupe scompostamente in festa per l’assegnazione delle prossime olimpiadi invernali (2026) alla città di Milano. Ad esse il sindaco Beppe Sala ha voluto aggiungere il suo ritratto tra due sci in una Milano da quaranta gradi all’ombra. Ma queste sono le stesse persone che meno di un mese fa hanno dichiarato l’emergenza climatica perché tra unidici anni (per l’Ipcc) o meno di cinque (per il glaciologo Anderson) la Terra, Milano compresa, raggiungerà un punto di non ritorno, oltre il quale la temperatura del pianeta è destinata a crescere irreversibilmente fino a rendere impossibile la vita della specie umana? E ci sarà ancora la neve allora? O sarà l’ultima delle Olimpiadi invernali? C’è da chiedersi: che cosa sono allora, per “loro”, le Olimpiadi? E che cos’è mai, per “loro”, l’emergenza climatica?
Per loro le Olimpiadi sono un Grande evento, il bis dell’Expò: la conferma di un progetto di “sviluppo” fondato sulla ripetizione dell’effimero; che dà “prestigio” alla città; richiama turismo (da tempo l’industria mondiale che produce più impatto, più viaggi aerei, più fatturato e più precarietà) e “grandi affari”: soprattutto immobiliari: cioè costruzione di strade, raccordi ed edifici inutili; con grande consumo di suolo, di materiali e di energia che, a evento finito, impongono di trovare una destinazione qualsiasi per non trasformarsi in discariche, come sta avvenendo per la famigerata “piastra” dell’Expò. Non a caso tutte le maggiori società immobiliari del mondo si stanno precipitando sulla nostra città. Da divorare ci sono non solo le Olimpiadi, ma caserme, ippodromi e scali dismessi. Il “modello Milano” è questo. E in nessun posto al mondo viene concessa a quegli operatori mano libera a spese della collettività come in Italia. Per questo vengono tutti qui. Così, accanto a Milano, che montagne non ne ha, si è pensato di devastare anche Cortina e le Dolomiti (patrimonio dell’umanità) contando sul fatto che là, se non la neve, per lo meno i dislivelli da ricoprire con il cannone termico ci saranno ancora. Inutile dire che in questa abbuffata destra e “sinistra”, Lega e PD, Governo e opposizione si trovano tutti d’accordo: come anche sul Tav, sul Tap, sulle nuove autostrade, sulle navi da crociera a Venezia (dove sbarcheranno molti turisti per andare ad assistere alle Olimpiadi), ecc.
Invece l’emergenza climatica per “loro” non è altro che un pezzo di carta: per mettersi “in regola”. Che il pianeta è “in fiamme”, come sta spiegando in giro per il mondo Greta Thunberg, o non lo sanno o non ci credono; o entrambe le cose. L’importante è che queste fosche previsioni – corroborate da tutti gli studiosi con qualche competenza in materia e confutate da alcuni altri “scienziati” che della materia non sanno niente – non turbino i loro progetti. Il loro è un eterno presente, dove il passato (modi diversi di vivere e di pensare, che ritroviamo anche oggi tra popolazioni che la cultura dell’Occidente non ha ancora distrutto) e il futuro non esistono. In termini aziendali si chiama BAU: non è la voce di un cane, vuol dire Business As Usual. L’importante è che tutto continui come prima e “meglio” di prima: magari con un po’ più di energia rinnovabile a disposizione (ma non troppa! Altrimenti si rendono inutili i vecchi e i nuovi gasdotti) e qualche milione di alberi qua e là (magari sulle terrazze di altri “boschi verticali”, come quello dell’archistar Stefano Boeri: forse il più energivoro edificio del mondo). Il grande realismo di chi ci governa si rivela così, alla luce dell’evoluzione prossima ventura del clima, la più irresponsabile delle utopie. Questa contraddizione plateale tra emergenza climatica e Olimpiadi (e tante altre cose simili) deve esplodere. Subito. Per farlo basta far applicare le tre regole fondamentali messe a punto da Extinction Rebellion: dire la verità, agire subito, coinvolgere la cittadinanza.
Dire la verità: in ventiquattro ore il Comune ha piazzato un cartello luminoso di almeno cinquanta metri quadrati per far sapere che Milano ha “vinto” la gara per l’assegnazione delle Olimpiadi (lo sapevano già tutti: TV e giornali non parlavano d’altro). Adesso ne metta subito almeno altri trenta di pari grandezza (minimo tre per Municipio) per far sapere a cittadine e cittadini che la Terra – Milano compresa – è sull’orlo di una catastrofe. Poi invii una lettera a ogni famiglia per spiegare bene i termini della questione (nessun giornale o canale TV ne parla in modo chiaro). Se serve, gli studenti di Fridays for Future possono aiutarlo a scriverla bene. Poi prenoti uno spazio fisso su giornali e TV locali per ricordare ogni giorno, con esempi diversi, che cosa può comportare per tutti noi continuare a far finta di niente. E imponga l’apertura di tutte le scuole al pomeriggio e alla sera per tenervi riunioni e incontri con la cittadinanza su questi temi. Infine, si adoperi perché la Regione Lombardia e il Governo dichiarino anch’essi l’emergenza climatica: se non lo fanno, ne denunci tutti i giorni le scelte.
Agire subito: se le Olimpiadi non si possono disdire, il Comune le ridimensioni usando e adattando solo impianti ed edifici già esistenti; blocchi l’edificazione negli spazi “vuoti” destinandoli solo a parchi e orti urbani; vari, con la consulenza di un team di esperti, la gratuità del trasporto pubblico e la graduale espulsione di tutte le auto non di servizio dall’area cittadina, come stanno facendo diverse città del Nordeuropa. Metta in piedi e retribuisca team misti di giovani tecnici – ingegneri, architetti, sociologi, economisti – per svolgere check-up gratuiti, comprensivi di valutazione finanziaria, per la conversione energetica – alimentazione ed efficienza – di tutti gli edifici della città. Sembra troppo? Tra non molto apparirà il minimo indispensabile.Coinvolgere la cittadinanza, che deve essere messa in grado di far sentire la sua voce in ogni zona e in ogni quartiere. Cittadine e cittadini devono prendere atto che è necessario cambiare radicalmente dieta e stili di vita. Le misure proposte, più altre, possono creare molti nuovi posti di lavoro, ma sono destinate a distruggerne molti altri. A tutti bisogna far sapere che il Comune si occuperà, insieme ai sindacati e alle associazioni civiche e territoriali, della loro ricollocazione, mentre il Governo dovrà provvedere a coprirne gli oneri (un vero reddito di cittadinanza) e i necessari investimenti. Ma è il Comune che deve esigere dal Governo un impegno in tal senso, mobilitando a tal fine i suoi cittadini e le sue cittadine, ma anche cercando di coinvolgere altri Comuni sullo stesso obiettivo. E se non lo fa, che “comune” è?